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Uno studio effettuato da ricercatori americani della University of Oregon su persone che hanno praticato una forma di meditazione cinese per 11 ore, ha dimostrato, attraverso l’analisi di risonanza magnetica MRI, che nella zona cerebrale cingolata anteriore, è riscontrabile un aumento delle connessioni neuronali e un’espansione della mielina, il tessuto grasso che protegge gli assoni dei neuroni. “La meditazione cinese IBTM fa parte della medicina tradizionale, e si differenzia dalle altre forme di meditazione perché dipende motto dalla consapevolezza e dall’equilibrio tra il corpo e l’ambiente” ha spiegato Yi-Yuan Tang, ricercatore a capo dello studio pubblicato su PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences. “Il nostro studio – ha aggiunto – ha scoperto che 11 ore di pratica complessiva (circa un mese di lezioni) provocano dei cambiamenti sensibili nella corteccia cingolata anteriore, aumentandone la connettività”. Deficit di attivazione di quest’area del cervello sono stati collegati da studi precedenti a disordini come demenza, depressione, schizofrenia e ADHD.

Fonte: Bollettino dell’Ordine dei Medici di Bologna