Arte medica nel periodo etrusco
In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia la Regione Toscana ha promosso eventi per mostrare i tesori della Civiltà degli Etruschi. Abbiamo approfondito le poche notizie disponibili riguardo la loro arte medica, studiando l’iconografia degli arredi funerari, importanti per ricostruire concetti e metodi di terapia. Dalle scarne fonti rimaste possiamo dedurre quanto la medicina italica preromana fosse legata ai cicli naturali, un aspetto peculiare e immaginifico della più ampia Tradizione ciclica primordiale, degli aspetti della Grande Madre. Nei temi poetici ricorrenti in Esiodo e nelle opere di agricoltura di Catone e Columella si narra che il serpente Asclepio liberò Roma da una pestilenza (IV secolo a.C.). Il suo culto nell’isola tiberina non verrà dimenticato, anche nel mutare della temperie culturale orientata nel tempo su posizioni via via più vicine al raziona-lismo greco. L’arte della Medicina è testimoniata a tratti nei dipinti di Vulci (F. Messerschmidt, Nekropolen von Vulci, 193o), sulle figurazioni di vasi e crateri e in una iscrizione dell’imperatore Claudio (Corp. Inscr. Lat. XIII 1668), tenui rimembranze che non compensano la perdita della Tyrrhenika, l’enciclopedia claudiana in 10 volumi nella quale si dice fosse raccolto l’insegnamento della tradizione etrusca (Tirreni era il loro nome latino). Il medico dell’epoca italica preromana era una figura non strutturata sul piano professionale, come invece lo sarà poi in Grecia e nella Roma repubblicana; non faceva parte della élite e nemmeno di una categoria, ma era forse inserito nelle caste sacerdotali come iniziato ai Misteri, per quanto almeno possiamo dedurre dall’importanza data all’aruspicina del fegato, ritenuto specchio del cosmo capace di veicolare energie guaritrici quanto di favorire sguardi sull’enigmatico futuro (fegato di Piacenza, bronzo del III sec., foto copertina). La tradizione etrusca raccolta dai Latini testimo-nia che la volontà divina si conosca solo per rivelazione, da segni esterni (Etrusca disciplina: Libri haruspicini o Tagetici; Libri fulgurales, Libri rituales). L’Etrusca disciplina aveva carattere esoterico e costituiva anche base della formazione culturale dei giovani nelle famiglie romane più in vista. Il mito della Disciplina narra come questa fosse stata insegnata nell’epoca arcaica da Tagete, fanciullo nell’aspetto ma vecchio di esperienza, nato da un solco appena arato; fu il primo ad insegnare all’uomo il computo del Tempo (Teogonia o Grande Ciclo) e l’organizzazione del calendario, scandito sul ciclo lunare. La leggenda di chiara fonte orientale (mito di Mitra) rimanda al tema del PuerjSenex e ai riti di iniziazione dell’area me-diterranea precedenti al rituale di Eleusi e che probabilmente rappresentano miticamente il mistero del Daimon platonico e dell’elevazione dello spirito diviso tra lo sgorgare della vita (Puer) e il sapere conservatore della vecchiaia (Senex). Si tramanda che sul tempio primordiale ora som-merso fosse stata collocata una statua che raffi-gurava un vecchio con un bambino per mano, in modo da permettere anche la lettura inversa del bimbo che conduceva il vecchio. Il Medico era sacerdote per quanto riguarda l’aspetto dell’aruspicina e medico vulnerario in quanto curatore di ferite, mentre il dispensatore di farmaci fu sempre il Poter Familias. Il primo medico etrusco noto ai romani pare sia stato Arcagato (219 a.C.), proveniente dal Peloponneso, detto anche Carnifa (ovvero vulnerarius o chirurgo); dopo un secolo arrivò dalla Bitinia Asclepiade, poi Pedanio Dioscoride da Anazarbo (oggi Tarso in Turchia), il famoso autore del De Materia medica e quindi Galeno, entrambi chirurghi dell’esercito romano. La farmacopea del tempo non risulta fosse organizzata sistematicamente; il primo documento in tal senso sarà un prodotto della cultura medica greca ad opera di Teofrasto, autore di una storia delle piante, De plantis, che oltre al valore botanico conserva anche quello tossico-logico avendo descritto il modo di preparare i veleni ad azione lenta. Questa medicina preromana presenta quindi due aspetti che ricorreranno in proporzioni diverse fino all’età imperiale: a) i riti ancestrali del mondo agricolo, con rituale di derivazione sciamanica patriarcale; b) l’aruspicina etrusca inserita nella religione di Stato, sotto la figura di Minerva, guida delle arti.